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I contratti rappresentano la linfa vitale, il core business di ogni attività. Le singole relazioni sono disciplinate da termini e condizioni, da un network intrecciato di accordi che interagiscono, comunicano, si influenzano a vicenda.
Ma cosa sono i contratti? 💡
I contratti sono assets che esprimono la policy di un’azienda, la visione, la cultura della stessa.
Sono per la maggior parte dei casi, rapporti a lunga durata, che implicano un impegno reciproco sostanziale e un’ampia comunicazione e cooperazione tra le parti.
Contratti relazionali: come la relazione dà forma e contenuto al contratto
Contratti relazionali: strumenti atti a definire, in concorso con altri elementi, una relazione tra due o più soggetti.
Durante il percorso, il legame tra le parti viene inciso da continui condizionamenti esterni e interni, da eventi, che incidono, modificandolo, sul sinallagma contrattuale. Questo fa sì che le parti, collaborando, devono essere pronte a continui aggiustamenti al fine di mantenere in vita il rapporto.
La pandemia, ma anche la Brexit, hanno ben sottolineato e fatto emergere questa evenienza.
Tutti abbiamo capito una volta di più che i contratti sono, nella maggior parte dei casi, non solo poco chiari e comprensibili ma soprattutto sono incompleti. Non saremmo mai in grado di prevedere tutto quello che può accadere.
Romina Zorzini, Trakti
Oliver Hart lo dice chiaramente: fatevene una ragione! Il contratto è per se stesso incompleto. Accettando questo assunto, il focus si deve spostare sulla necessità e capacità di creare meccanismi di gestione degli eventi non previsti in contratto, inclini a garantire flessibilità e assetti più aderenti alla mutata realtà.
L’immodificabilità del regolamento contrattuale è di ostacolo alla realizzazione degli scopi delle parti
Cosa devono fare le parti coinvolte nel contratto? 🧑🔬
Alle parti viene così richiesto di stabilire criteri che anziché portare allo scioglimento del rapporto (spesso soluzione nefasta per entrambi i soggetti), possono consentire una prosecuzione proficua per entrambe. La tecnologia permette all’uopo di venire incontro a questa esigenza creando contratti dinamici, che si adattano alle nuove circostanze.
A fianco infatti agli smart contracts, che permettono l’automatizzazione di operazioni “di routine” se vogliamo, come l’aggiustamento dei prezzi sulla base delle fluttuazioni di valore (es. prezzo del petrolio), le parti possono implementare delle “interfacce”, dei collegamenti che permettano la comunicazione tra sistemi diversi, i quali, in base a parametri e criteri definiti ex ante, siano in grado, ad esempio, di registrare un nuovo evento e accomodare le volontà contrattuali in base alla diversa realtà.
Bisogna pertanto considerare l’inserimento di criteri elastici, livelli diversi di operatività, parametri compresi tra minimi e massimi che, in base alle scelte delle parti ristabiliscono il giusto, o un più equo equilibrio economico interno al contratto, o un nuovo assetto rispondente alle nuove esigenze e ai nuovi bisogni sorti tra le parti.
È possibile garantire un flusso costante di informazioni grazie a meccanismi di autogestione e governo del contratto, orientati al mantenimento dello stesso.
Procedendo e operando in questo modo, le parti mantengono e rafforzano il focus sugli scopi e gli obiettivi da raggiungere.
Un accordo che non si basa su un “incontro di menti” a lungo andare non è sostenibile.
Le parti devono vedere il contratto di cui sono parte non come elenco conclusivo di diritti e obblighi fissi, ma piuttosto come punto di partenza per rinegoziazioni e aggiustamenti quando le circostanze cambiano o sorgono difficoltà; non insistere sui loro diritti contrattuali e non prendere troppo sul serio l’opzione del contenzioso, ma piuttosto esibire la volontà continua di fare gli aggiustamenti necessari per farlo continuare a cooperare.
(Kimel “The Choice of Paradigm for Theory of Contract: Reflections on the Relational Model”, Oxford Journal of Legal Studies)
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