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Boon or bane? Opportunità o rovina? Quale sarà la relazione tra gli avvocati e gli smart legal contract?
Quante volte anni fa me lo sono domandata. Quante volte prima di decidermi ad intraprendere questa strada, mi sono chiesta se la blockchain, gli smart contract e tutto quanto vi ruotava intorno costituissero una nuova opportunità, la soluzione che stavo cercando, o se invece mi avrebbero semplicemente sostituita, messa all’angolo.
Intravedevo, ma non capivo fino in fondo.
L’equilibrio si realizza nel moto perenne.
E questo sempre stare in movimento mi ha portato ad analizzare cosa fossero gli smart contract e soprattutto capire se fossero un mio competitor o se, invece, ero io che potevo “costruire” il sistema, restare al centro e non all’angolo.
Gli avvocati e gli smart legal contract: disruption o opportunity?
Si, gli Smart Legal Contract sono distruptive, ma non nel senso che spazzano via la categoria; sono disruptive nel modo di pensare e, conseguentemente, di scrivere di un giurista. Impongono logica e creatività. Non richiedono di studiare il coding, solidity, python, ma di lavorare in team con i developers imparando a comunicare con loro.
Ho imparato che le parole chiave sono: parametrizzazione, i termini mapping, funzione, trigger, call, ecc… Linguaggio legale e tecnico si integrano fino a fondersi. Il contratto diventa efficente sfruttando gli ambienti digitali. E non si tratta solo di riprogettare i contratti. Il compito che viene chiesto da queste nuove tecnologie all’avvocato è molto più articolato e complesso perché non sempre quello che tecnologicamente è possibile è legalmente amissibile o conveniente per il cliente. Il proliferare degli smart legal contract offre nuove opportunità e richiede nuovi servizi legali.
L’avvocato dovrà sempre verificare: la compliance, qual è il framework legale entro cui si muove la tecnologia, qual è la governance dei dati; dovrà capire e anticipare possibili problemi tecnici o legali che potrebbero sorgere, dovrà identificare e coordinare gli stakeholder. Gli avvocati dovranno analizzare e indirizzare i rischi peculiari associati agli smart contract e alla blockchain.
Prendiamo ad esempio il rapporto tra tecnologia blockchain e GDPR.
Il punto è stabilire quando i dati possono essere definiti “dati personali”, ed è fondamentale che i professionisti comprendano e valutino il contesto in cui i dati vengono archiviati e trasferiti.
Ancora: il fenomeno delle Initial Coin Offerings (“ICO”), in cui le aziende offrono token digitali per la vendita al pubblico; un contratto intelligente facilita la raccolta di valute virtuali e la distribuzione del token digitale dell’azienda all’interno di un accordo scritto che deve definire i rischi che gli acquirenti si assumono e i diritti che hanno nei confronti del venditore.
Infine: quale parte dovrebbe essere responsabile delle perdite subite a causa di errori nel codice? Chi dovrebbe sopportare i rischi derivanti dai ritardi nella rete blockchain? Come risolvere il problema della poca flessibilità degli smart legal contract? E se un oracolo funziona male o invia informazioni errate?
Un contratto intelligente non fornirà le risposte a queste domande. Spetta all’avvocato tutelare gli interessi del proprio cliente, ricalibrando le clausole contrattuali standard come indennità e forza maggiore, per far fronte a questi nuovi rischi.
Come dice bene Claudia Morelli, “gli avvocati hanno davanti a sé un grande compito sociale: traghettare la comunità verso una dimensione digitale [e automatizzata – aggiungo io] rispettosa dei diritti delle persone”.
Romina Zorzini – Legal Architect in Trakti